Le scarpe per raccontare, le mani per leggere

Elaborato tratto dal corso di scrittura

Da tre mesi a questa parte sto partecipando a  un corso di scrittura con Michele Marziani.
Una domenica al mese, dalla mattina alla sera, ci addentriamo nel chiaro-scuro della narrazione.

Io ovviamente sono la più chiavica del corso, pare che vada lì solo per darmi un tono con la gggente, tipo che: “Ciao scusa, ma domenica davvero non posso uscire con voi perché sono al corso di scrittura”. Infatti tutti mi rispondono: “Che cazzo fai? Ma cosa ti serve a te?”.
Retroscena a parte, ecco un elaborato. Ne è uscita una faccenda piuttosto intima, molto più del previsto.
Missà che non sono mica capace a descrivere le cose ma solo le situazioni e le emozioni che ne derivano.

La casa

A volte a casa non si vuole tornare.
Sa essere feroce, vive di noi e dei nostri problemi. Porte sbattute, occhi lucidi e singhiozzi strozzati.
La casa trasuda, senza pietà, tutte le frustrazioni accumulate durante la giornata fuori, i suoi muri, certi giorni, vomitano parole che non vorresti avere detto.
La casa è un contenitore di bollette da pagare, programmi saltati e progetti rimandati. Può essere faticosa, opprimente e soffocante.

La casa però è anche quel “ci vediamo a casa” che si legge sui libri.
L’ abbraccio che aspetti da sempre, nel quale sei libera di scioglierti e riparati, ti accoglie all’ingresso e mette la parola fine al mondo fuori. Il portone si chiude alle spalle e sigilla la pace.
La casa è l’eremo di cemento e mattoni che tutti ambiamo a costruirci.
Non è un luogo di passaggio, nel bene e nel male con la casa ti ci devi incontrare, scontrare e confrontare.

La casa è l’abitudine rassicurante.
Le chiavi sempre alla destra della porta, gli asciugamani puliti nel secondo cassetto dell’armadio e la luce soffusa alle dieci di sera.
La casa è un modo di starci: abbigliamento improbabile, pantofole a elefante e capelli sporchi. E’ un odore, quell’odore che rimane sui vestiti quando sei fuori casa.
La casa può essere sempre uguale ma al tempo stesso sempre diversa. Nessuno sposta la cucina, inverte le camere o apparecchia in bagno, ma se in quella casa ci abita un bambino, allora gli oggetti di uso quotidiano diventano giochi, e i giochi soprammobili.
Se in quella casa abita un bambino succederà di fare il bagno alle pentole, trasformare le tende in tane di animali e costruire con le coperte del letto nascondigli remoti.

La casa è lo stesso disco che suona in loop per ore e giorni perché quel disco racconta un po’ dei suoi abitanti. E’ una poesia scritta a tempera sulle parete della sala in un freddo pomeriggio di gennaio.

A volte ci si trova a cambiare casa così spesso che si decide che la casa non sono più i muri ma le persone che quella casa la abitano.

 

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